ed è forte quello che ho dentro distante dalla mediocrità, ho inseguito il rumore assordante per non sentirla...
sabato, dicembre 11, 2010
Succursali di paradisi artificiali
Ieri, mentre andavo come ogni venerdi pomeriggio al corso di inglese all'Università, in macchina ascoltavo come mi capita da quasi un mese a questa parte, Le Luci della centrale elettrica e nello specifico quest'album dal nome provocatorio e disperato, Per ora noi la chiameremo felicità. Mi chiedo cosa si prova ad essere la ragazza di Vasco Brondi. Come ci si deve sentire a difendersi da tutti quegli attacchi di odio e amore. Come ci si deve sentire sporchi ad aver distrutto sogni cosi grandi e sentimenti cosi coraggiosi. Poi mi chiedo come mi sento io. Ci sono dischi che ti entrano dentro ancor prima che tu te ne accorga, all'apparenza distanti e incapibili ma poi lentamente si insinuano sotto la pelle e fin dentro le ossa, con tutte quelle frasi fintamente urlate, che ti entrano ogni giorno un pò di più nella testa, nei pensieri, ritrovandoti a ripetere frasi e a ricordare immagini che nemmeno credevi di ricordare. Poi sono arrivata all'università, ho tolto lo stereo, ho preso le mie borse ed il mio cellulare e ho continuato ad ascoltare I nostri corpi celesti con le cuffie sparate nelle orecchie. Il centro linguistico è raggiungibile in qualche minuto, ma quei pochi minuti mi servono per prepararmi al distacco da me stessa e a rientrare nel mondo. Sono in anticipo, un'amica mi chiama al cellulare e chiacchero, mentre Sascha passa nel corridoio con la sua solita faccia simpatica e mi dice Hi ed io gli rispondo How are you? I'm tired fa lui, ma ha sempre il sorriso sulla bocca e la sua stanchezza non pesa ne' a lui ne' agli altri. Poi mentre parlo ancora al cellulare, appoggiata ad un muro, passa Gerarda che e' lì anche lei per il corso di inglese, ma un livello superiore al mio. La vedo mentre arriva da lontano, che mi guarda con il suo solito sorriso pieno di dolcezza. Io, anche se dovrei entrare in classe, decido di andare con lei a prendere un caffè alle macchinette. Mentre ancora parlo al cellulare, lei prende la mia borsa coi libri. Chiudo la telefonata e ci avviamo verso le macchinette. Parliamo di musica, del nostro bellissimo concerto dei Giardini di Mirò un marzo di quasi quattro anni fa e mi ritrovo catapultata nella realtà, senza sconti, senza fiori da cogliere sul precipizio, ma solo con il sorriso di Gerarda che mi ricorda quanto e' bella l'amicizia e quanto e' bello il mio cuore pieno di occhi e pieno di luce.
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