lunedì, novembre 21, 2011

last week in Dublin

Quando sono arrivata a Dublino avevo intenzione di restare sola con me stessa ed in massima parte sono riuscita nel mio intento.  Ma qualcuno ultimamente mi ha definito una pink moon e non posso che ritrovarmi in quella definizione perché  esprime bene la mia dualità, la mia parte scura, lunare appunto, e la mia parte rosa, quella solare, anche se il rosa è un colore che mi piace solo in alcuni momenti, ma mi piace da morire se penso al colore della pelle, la mia ma anche quella di qualcun altro. E soprattutto il rosa esprime la parte di me cosi delicata ed emozionale, quella che esplode all’improvviso quando il numero delle stelle nel mio cielo diventa cosi alto da oscurare la lucentezza della luna.
In questi giorni a Dublino sono molto rosa. Mi sento rosa, mi sento bella in questi giorni e questo mi succede ogni volta che mi sento libera. Mi chiedo se anche il cuore sente la sua libertà in questi momenti, anche se dentro la malinconia continua a scavare fino a che non arriva al fondo, se quel fondo si palesa. I vuoti dentro di me hanno forme varie e diverse, non sono semplici vuoti io credo, ma sono come il cratere di un vulcano solo in apparenza spento, come il Vesuvio se devo pensare a qualcosa a me caro. A quella sua sagoma cosi familiare, vista infinite volte viaggiando verso Napoli, quella curva cosi precisa nella mia mente, sempre lì, sempre pronta a ricordarti dove sei e chi sei.  Chissà che rapporto hanno i napoletani con il loro vulcano, non credo sia lo stesso rapporto di quello che i catanesi hanno con l’Etna, no non credo. Eppure anche in loro il fuoco brucia, ne sono sicura, l’ho visto, l’ho sentito, l’ho toccato con mano e mi sono anche scottata per dirla tutta, ma porto le cicatrici come si potrebbe indossare un abito che ci piace un sacco e che ci fa sentire più belli.
Stasera a Dublino fa freddo, ma è un freddo pulito, un freddo direi sincero. Dal finestrone della cucina dell’ostello, da dove scrivo, vedo le vetrate di una chiesa le cui campane suonano proprio di fronte la finestra della mia stanza, all’ultimo piano. Sulle grandi vetrate una scritta recita: GLORIOSAE MATRI ET DECORI CARMELI. E’ strano leggere una frase che traduco all’impronta e che invece probabilmente la maggioranza degli irlandesi che ci passano di fronte non ne capiscano il significato. Dovrebbero essere un po’ più umili questi irlandesi e cominciare ad imparare le lingue. Io mi sento fortunata ad essere nata in Italia e non cambierei la mia madrelingua con nessuna al mondo.
Stamattina sono uscita per la mia solita passeggiata.  Per andare nel mio solito negozio di dischi sono passata da Grafton street,  piena di luci di Natale e strapiena di gente. E’ una via pedonale piena di negozi, per lo più con capi di abbigliamento a dir poco pacchiani ed orribili e non capisco se le ragazze irlandesi pensano sia carnevale quando la sera scendono a bersi litri e litri di alcool. Ci sono cose decisamente più belle a Dublino che restano quasi vuote!
L’Irish Museum of Modern Art è un colpo al cuore. Quando ieri me lo sono trovata davanti dopo aver camminato più di un'ora a piedi per raggiungerlo mi sono sentita catapultata in un altro luogo, mancavano solo gli immensi prati davanti e il rumore musicale delle risate. Poi ho aperto la mia guida e ho letto che la costruzione di quest’edificio si ispirava all’Hotel des Invalides di Parigi, dalla cui vista James Butler, vicerè di Carlo III, rimase molto colpito durante un suo viaggio in Francia e una volta tornato in Irlanda ne commissionò a William Robinson una versione dublinese. A  volte vorrei non avere memoria.
Mi piacerebbe raccontare di tutte le persone che sto conoscendo qui. Di Juan che è cileno ma biondo come il sole ed ha un viso cosi pulito che a volte mi verrebbe voglia di abbracciarlo, di Arthur che è brasiliano e del Brasile ha quell’allegria pura e sincera, di Hector, di Pietro, di Carmine, di Daniel, dei pochi spagnoli simpatici che ho conosciuto, e di tutte le persone che ho incrociato. Ma sono quasi le otto di sera, la cucina si sta cominciando a riempire di gente ed è meglio che inizi a prepararmi qualcosa per non rimanere risucchiata dal vortice dei finti fornelli. E poi probabilmente tra poco arriva Juan, o Pietro, o Hector o Arthur e poi di sicuro si beve un bicchiere insieme.
Mi mancheranno. 

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Não sou nada. Nunca serei nada. Não posso querer ser nada. à parte isso, tenho em mim todos os sonhos do mundo/ Non sono niente. Non sarò mai niente. Non posso voler d'esser niente.a parte questo,ho in me tutti i sogni del mondo. [Fernando Pessoa]

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